Infuria, infuria, contro il morire della luce

Non andartene docile in quella buona notte

Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
Perché dalle loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno docili in quella buona notte,

probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide
Le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
Troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,
Non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
Che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
Benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.

Dylan Thomas, da Collected poems 1934-1952, Dent, 1952

 

Do not go gentle into that good night

Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rave at close of day;
Rage, rage against the dying of the light.

Though wise men at their end know dark is right,
Because their words had forked no lightning they
Do not go gentle into that good night.

Good men, the last wave by, crying how bright
Their frail deeds might have danced in a green bay,
Rage, rage against the dying of the light.

Wild men who caught and sang the sun in flight,
And learn, too late, they grieved it on its way,
Do not go gentle into that good night.

Grave men, near death, who see with blinding sight
Blind eyes could blaze like meteors and be gay,
Rage, rage against the dying of the light.

And you, my father, there on the sad height,
Curse, bless, me now with your fierce tears, I pray.
Do not go gentle into that good night.
Rage, rage against the dying of the light.

Dylan Thomas, da Collected poems 1934-1952, Dent, 1952

La sua poesia più famosa – citata anche nel capolavoro di Christopher Nolan, Interstellar (2014)  è dedicata al padre David John malato di cancro.
Si tratta della supplica di un figlio al padre morente, che il poeta scandisce elencando quattro categorie di uomini, i saggi, i probi, gli impulsivi, gli austeri: a qualsiasi categoria appartenga il padre, non importa.
Il figlio guarda il proprio padre dissolversi e gli chiede di infuriarsi, nonostante tutto, nonostante la “buona notte” che è la morte, sia uno svanire docile della luce, la chiusura piana di un lungo giorno.


Questa poesia mi evoca il grande potere creativo della nostra rabbia.
L’importanza di saperci ben gestire questo potere.
La rabbia contro certe forme di ingiustizia ci può uccidere soffocandoci nello sterile odio e diffondere inutile violenza ma può trasformarsi anche in una preziosa valida alleata.
La rabbia di per sé non è “male” né inevitabilmente solo distruttiva, è preziosa energia vitale repressa da nostre vecchie ferite che, se guarite con amorevole auto-osservazione, assumendoci la nostra responsabilità/potere individuale, possono liberare questa energia trasformandola in assertiva forza creativa all’evolutivo servizio del nostro Sé, in risposta alla Vita.

A noi la nobile consapevolezza di saperci dare questa opportunità: per goderci la vita e offrire con totalità il nostro creativo contributo evolutivo.

A noi sapere prendere corrette integre decisioni in totale accordo al nostro assertivo Sì alla Vita.

Facciamo ardere e infuriare i nostri cuori contro il morire della luce e… rinasciamo a nuova vita infondendo vita alla luce.
Individualmente Insieme.
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