La relativa soggettività dell’Universo è un concetto semplice da comprendere ma difficile da accettare.
Risulta però di centrale importanza al fine di mettere da parte una concezione infantile della realtà che sempre più spesso è smentita dalle osservazioni scientifiche per di più credo che sia fondamentale osservare che l’asserzione ‘nulla esiste oltre la mia coscienza’ non è mai stata confutata né dalla scienza, né dalla filosofia, e tutti gli individui che raggiungono la cosiddetta ‘illuminazione’ non fanno che confermarla.
Dal momento che tutto ciò che posso dire esistente è palesemente dentro la mia coscienza, chiunque voglia asserire il contrario è tenuto a dimostrarlo. Quando sono privo di coscienza il mondo sparisce, quando riprendo coscienza il mondo riappare, pertanto io non sono tenuto a dimostrare ciò che è evidente dall’esperienza: se non ci sono io non c’è nemmeno il mondo come posso conoscerlo io.
Molti cosiddetti studiosi intendono obiettare la validità di tale affermazione allo scopo di provare l’esistenza di ‘qualcosa’ che si trova oltre il nostro esserne coscienti. Essi di norma si avvalgono di un argomento logico che non esito a definire osceno e che può essere riassunto in una sola frase: “È vero che non è possibile dimostrare l’esistenza di alcunché di esterno alla coscienza, ma il buon senso ci dice che deve esistere”.
Ciò che non può essere provato viene comunque dato per scontato in nome del comune buon senso, in ossequio al paradigma imperante!
Come ho già detto in precedenza, il paradigma in voga in una data epoca difficilmente viene messo in discussione all’interno delle università.
Quale maniera d’indagare la realtà è mai questa? Galileo Galilei si starà rivoltando nella tomba!
Non sarebbe un problema se questi studiosi continuassero a dedicarsi all’abuso di alcol e al soddisfacimento manuale della propria genitalità, ma purtroppo si applicano anche alla compilazione di articoli ‘scientifici’ e raffinati trattati di filosofia moderna, rendendo così ancora più cristallizzata nelle menti dei nostri giovani la convinzione che possa esistere un mondo al di fuori della loro coscienza, sul quale essi non hanno praticamente alcun controllo. In questo modo si continua a sfornare generazioni che andranno a rimpolpare le schiere delle ‘vittime del mondo’, ossia coloro che quando vengono truffati credono sia stato ‘qualcuno là fuori’ a truffarli e che quando vengono lasciati dal partner non si sanno dar pace, perché non riescono a concepire di aver causato loro l’evento.
Il paradigma scientifico comunemente accettato influenza pesantemente la maniera in cui veniamo educati, il nostro atteggiamento verso la vita e, di conseguenza, i nostri comportamenti quotidiani. In definitiva è responsabile della nostra felicità».
– Salvatore Brizzi –