“La società non ha bisogno di individui, ma di efficienza.
Pertanto, più una persona diventa umana, meno diventa utile per la società… e più diventa pericolosa.
L’intero schema della nostra civiltà, e in realtà di tutte le civiltà esistite al mondo, comporta la riduzione dell’essere umano a un automa.
In questo caso è ubbidiente, efficiente, e non è pericoloso.
Altrimenti, una mente inventiva, che indaga, scruta e ricerca ciò che è nuovo, che tenta sempre di dare vita a qualcosa di ignoto, creerà inevitabilmente fastidi.
L’establishment non sarà mai in pace con persone simili tra i piedi!!
Non appena un bambino nasce, la società inizia a ucciderne l’individualità; prima che abbia raggiunto i sette anni, la sua individualità è totalmente annientata.
Solo se casualmente l’establishment non riesce a completare questa operazione con successo, una persona può diventare un individuo, ma è molto raro che accada.
Qualsiasi forma di istituzione sociale è solo un mezzo per uccidere l’individuo e trasformarlo in una macchina.
Tutte le nostre università non sono altro che fabbriche per uccidere la spontaneità, per annientare la scintilla interiore, per distruggere lo spirito e trasformare l’uomo in una macchina; solo in questo caso la società si sente tranquilla nei suoi confronti, può farci affidamento.
Sarà possibile sapere cosa è in grado di fare, cosa farà: diventa prevedibile.
Un marito, una moglie, un dottore, un avvocato, uno scienziato sono prevedibili: sappiamo chi sono e come reagiranno, si può stare tranquilli.
Viceversa, è impossibile essere tranquilli con una persona viva, spontanea, perché non si sa cosa farà: è imprevedibile.
L’imprevedibilità è sempre una fonte di insicurezza.
Nel momento in cui diventi imprevedibile, non sei più controllabile, non puoi più essere manipolato.
Nessuno è a proprio agio con una persona imprevedibile.
Ma solo l’uomo imprevedibile può sentire gioia, può sentire cose che nessun altro potrà mai sentire.
La vita in sé è imprevedibile, non è controllabile.
La vita come tale si incammina sempre, attimo dopo attimo, verso l’ignoto.
È un’apertura sull’ignoto, né più, né meno”.
– Osho –