In questi giorni l’attenzione va posta ai ruoli nel collettivo [n.d.r. in riferimento al transito del 6 agosto 2023 ma da considerarsi un’informazione sempre valida non solo in funzione di un determinato periodo dell’anno].
In particolare al ruolo che assumiamo nelle nostre relazioni.
Il che ci porta a relazionarci inevitabilmente con il nostro passato e le convinzioni (limitanti) che sono emerse nella nostra esperienza fin dalla nascita e in cui ci identifichiamo ogni volta che siamo chiamati a prendere decisione nel presente.
Come anticipato nell’analisi dei transiti c’è un ruolo con cui – per forza – siamo entrati in relazione fin da piccoli e con cui siamo finiti per identificarci: l’ego.
Quell’ego che sovente – nei percorsi di crescita personale – è preso di mira come nemico della nostra piena realizzazione e, per tanto, sollecitato ad essere riconosciuto ed “eliminato”.
Il che è un grave errore! Decisamente controproducente.
Eliminare qualcosa significa porre una separazione e per tanto muoverci contrariamente al naturale movimento PER l’unione.
Voler eliminare l’ego è… ego!
Come voler eliminare il Non sé è… Non sé.
Ogni forma di separazione/di eliminazione rafforza l’ego che è, per natura, una forza separatrice.
Una forza separatrice e per tanto giudicante; basta riflettere e chiederci: chi vuole eliminare l’ego in me? chi ha interesse ad eliminare qualcosa?
La mia anima immortale che tende all’unione o la mia parte identificata (con l’ego)? La risposta non dovrebbe tardare a venire.
Ritengo importante chiarire bene il ruolo dell’ego.
L’ego nasce come forza separativa che ci separa dal nostro vero Sé (per “volere” della nostra stessa anima!) in funzione di identificarci in una Personalità considerata adatta a noi per poter sopravvivere su questo piano. [n.d.r. non a caso la Personalità in Human Design si crea al momento della nascita].
L’ego nasce e si sviluppa attraverso la nostra relazione con l’ambiente circostante ed evolve nutrendosi delle esperienze del nostro passato.
Ma questo non lo fa contro di noi ma proprio per proteggerci (da ciò che è successo di dolorose nel nostro passato).
Il suo compito – inizialmente – è in funzione di garantire la nostra sopravvivenza (evitando la sofferenza).
In realtà l’ego è una fase iniziale transitoria (al nostro servizio) per adattarci a questo piano duale e gradatamente – proprio in relazione all’attrito con le resistenze causate dall’identificazione con l’ego – arrivare a maturare quella consapevolezza che ci permette di riconoscere la nostra vera essenza e viverla. Passando così dalla sopravvivenza alla vita (intesa come vita consapevole).
Il “problema” (se lo vogliamo chiamare tale per noi ma per la nostra anima così non è) è che quella fase iniziale dell’identificazione con l’ego (e la personalità con cui l’ego agisce) invece che mutare in consapevolezza, finisce con il cristallizzarsi in noi al punto tale da costituire una totale identificazione (“anti-consapevolezza”).
Il problema non è l’ego in sé ma il fatto che ci è difficile riconoscere che noi non siamo il nostro ego.
In questo piano duale per arrivare all’unione, a consapevolizzarci di essere unici (e poi UNO), dobbiamo prima fare esperienza di cosa significa essere separati ed è a questo che ci serve l’ego.
L’ego è al nostro servizio (dell’anima). Lo è sempre stato. Siamo noi che abbiamo finito col deresponsabilizzarci e affidarci a lui per prendere decisioni che non gli competono.
Finché continuiamo a combattere contro il nostro ego giudicandolo di essere causa dei nostri problemi e non siamo in grado di riconoscerne il valore del suo ruolo nella nostra evoluzione, saremo sempre condannati a soffrire e rimanere identificati con lui.
Se vogliamo davvero risvegliarci dobbiamo fare pace con il nostro ego, riconoscerne il valore e ringraziarlo.
Solo così lui si sentirà sollevato dal suo compito di decidere al posto nostro per garantirci la sopravvivenza e comincerà a lasciar libero il nostro Sé di agire (*).
Chiaramente a parole questa trasformazione è facile ma non è certo facile attuarla.
Richiede un grande lavoro su di sé che si può attuare con determinazione, pazienza e fiducia nella pratica di Strategia e Autorità che ricordo, in essenza, essere una fomidabile pratica di auto-osservazione.
Cominciamo a sperimentarci proprio con l’osservare come agisce l’ego (dentro e fuori di noi) e cosa accade quando lasciamo che sia lui a guidarci nella vita e non il nostro Sé.
Compito non facile ma ci possiamo rassicurare che, visti i tempi, non ci mancano di certo le occasioni di vedere costantemente all’opera l’ego e così di sperimentare il nostro nuovo – consapevole/amorevole – rapporto con lui.
Buon rinnovato rapporto con l’ego.