Transiti di apertura sociale e mentale… o no ⛔️ ♻️

Messaggio del transito: Saper usare la mente con chiarezza per gestire le emozioni e attuare il comportamento più adeguato in situazioni mondane e triviali.

Tempo in cui il sapere individuale richiede una necessaria quantità di interazione sociale per poter
rilasciare mutazione: il nostro individuale sapere.
Perché le cose cambino… DOBBIAMO SAPERE CAMBIARE NOI E SAPERE (COME) COMUNICARE IL NOSTRO CAMBIAMENTO.

SAPERE COME ESISTERE, RE-ESISTERE E CO-ESISTERE

Poiché il cammino è individuale ma da soli non andiamo da nessuna parte. Affinché qualcosa di nuovo si stabilizzi e diventi nuova consuetudine va condiviso e accolto.
Nel “bene” e nel “male”.

Abbiamo bisogno di riconoscere in noi quando siamo nel giusto stato d’animo per aprirci alla condivisione o no. Se ce la sentiamo o non è il caso.
La corretta interazione con l’altro dipende dalla nostra disponibilità energetica e sentita chiarezza in noi e verso l’altro; il che determina l’emergere di una dinamica di grazia… o disgrazia. Potenziamento o depotenziamento. Chiarezza o Confusione. Pace o rabbia. Sensibilità o insensibilità.
Il che determina se il Cambiamento accade o no.

Se desideriamo che il nostro sapere si riveli e si diffonda, abbia un impatto… tutto sta nel COME lo trasmettiamo: DA CHE SPAZIO; CON CHE SPIRITO; CON CHE PROPOSITO.

Ascoltiamoci e sentiamo quando siamo in contatto con la nostra chiarezza: in pensieri ed emozioni. Quando siamo connessi ad uno stato di Grazia = il nostro sé, la nostra mutativa verità.
Utile fare dei profondi e lunghi respiri per fare spazio e pulizia nelle nostre emozioni e creare le condizioni necessarie alla chiarezza/presenza e al dialogo/confronto.

I Nodi Lunari ancora ci condizionano all’IMPAZIENTE ATTESA PER L’INTERAZIONE. IMPULSIVA SMANIA DI CONDIVIDERE IDEE DI PROGRESSO… O NO.

Sicché ATTENZIONE A SENTIRE IN CHE SPAZIO SIAMO QUANDO INTERAGIAMO.
SIAMO O NON SIAMO NELLA GRAZIA? O È GRAZIA… O È DISGRAZIA.

Quando sentiamo che non siamo presenti perché sequestrati dalla rabbia, dal giudizio, dalla paura o dalla passione, non è il momento di interagire con l’altro ma di ritirarci e processare emozioni e pensieri che si generano e alimentano a vicenda alterando la percezione dei fatti; creando sofferenza quando ci identifichiamo con loro.

Assicuriamoci di essere centrati prima di interagire con l’altro.
Se ci accorgiamo che non lo siamo e siamo preda dell’impulsività… stiamo ritirati in paziente attesa finché i nostri moti emozionali interni non si sono placati o siamo sicuri di saperli gestire (senza farci gestire).

Tempo di un esame di coscienza e revisione delle nostre credenze e convinzioni.
Il “problema” non è l’altro.
L’altro rappresenta una preziosa opportunità per mostrarci dove in noi sta il “problema”.

In questi giorni le forze condizionanti ci spingono alla socialità o all’a-socialità; alla realizzazione mentale o all’oppressione mentale; al conformismo o all’anticonformismo.
A forzare il confronto con l’altro per dimostrare il nostro valore e superiorità mentale/spirituale o a evitarlo per paura di sentirci rifiutati, ignorati, fraintesi.
Nell’aria c’è la spinta a voler condividere e attirare attenzione dimostrando la nostra originalità… o no.
Facile cadere nell’impulsività reattiva della rabbia carica di giudizio nei confronti delle diversità dell’altro.
Oppure nell’isolamento passivo tra lamentela, vittimismo e auto-compiacimento.

La rabbia non è da demonizzare e trattenere ma è una energia vitale da saper gestire.
Quando sentiamo connessione con la nostra verità, nelle opportune situazioni, la possiamo manifestare sotto forma di energia assertiva per affermare la nostra verità.
Non per attaccare la diversità dell’altro ma in caso per difenderci dal non-sé dell’altro.

Di aiuto in questi giorni: pazienza, fiducia, responsabile manifestazione di sé, sentirci nella grazia/chiarezza, libertà di espressione, confronto aperto, rilassata solitudine, malinconia creativa ed introspettiva, “rabbia assertiva” (“impeto guerriero” come direbbe Salvatore Brizzi).

SEMAFORO O ROTONDA?
Sotto questi transiti in tema di apertura mentale o no, chiarezza o confusione… mi arriva d’ispirazione la differenza tra il semaforo e la rotonda.

Per comprendere come, invece che stare ognuno nel suo e subire restrizioni che possono sfociare in rabbia e ingiustizia; possiamo accordarci tra di noi, responsabilizzarci e con grazia fluire dando la precedenza alle priorità nell’interazione con le effettive esigenze della realtà.

Tutti ne risultano potenziati nel rispetto delle loro unicità.

⛔️ Il SEMAFORO ci impone lo stop e regola il traffico con l’obbligo di fermarci e avvisandoci quando partire. Chi è alla guida non pensa. Esegue solo ordini. Tutto si regola automaticamente “a singhiozzo” di una intelligenza esterna già programmata. A volte creando delle fermate e situazioni innecessarie, non funzionali a ciò che sta veramente accadendo sulle strade.
Anche se si potrebbe passare, anche se non c’è nessuno… a semaforo rosso stai fermo e attendi.

♻️ La ROTONDA prevede di dare la precedenza e responsabilizza il guidatore ad interagire con ciò che effettivamente sta accadendo. I guidatori, consci delle regole, si auto-gestiscono e tutto fluisce – con grazia – senza inutili “disgraziate” fermate.

Come nella strada così nella vita; così come nell’interazione.
Ognuno con la sua unicità in accordo all’unicità dell’altro… fluiamo in presenza di ciò che è reale e sentito. Basta conoscere le regole, avere “occhi per vedere”… e cuore per sentire, liberi alla guida della nostra vita.

Aho Metakuye Oyassin (per tutte le nostre relazioni) 🌈

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